La comunicazione è uno strumento per fare mercato, non arte

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Comunicazione visiva e pubblicità, da un lato connesse dall’altro tanto differenti. La prima è spesso confusa con l’arte, la seconda non passa necessariamente per la comunicazione visiva. Tutte e due però pendono dalla creatività. Ma se vogliamo vedere connessi questi tre concetti dobbiamo per forza circoscriverli. Il creativo che si occupa di comunicazione ha un preciso ruolo sul mercato: non deve esprimere se stesso ma il motivo per cui viene incaricato da qualcuno a trovare un messaggio. E nessuno riconosce merito ad un creativo se non quando fa in modo che il messaggio che va comunicato è compreso da tutto il target allo stesso modo.

La comunicazione è uno strumento per fare mercato, per questo una delle regole della nostra agenzia è che nella comunicazione nessun creativo può permettersi di fare arte. In una pubblicità non può succedere quello che succede con il volto della Gioconda: per qualcuno ride, per altri è malinconica, per altri ancora addirittura erotica. Nella comunicazione diretta al mercato se un visual ride, ride per tutti; se un copy è ironico, lo è per tutti.

Così nel branding. Posizionamento, reputazione, linguaggio devono essere compresi da tutti coloro che devono recepirlo allo stesso modo.
Non è creativo chi comunica in maniera inusuale, piuttosto chi lo fa con tanta competenza così come la creatività non è un modo strano di dire le cose, ma un modo ragionato che percorre direzioni strategiche. Oggi tutti siamo testimonial di noi stessi, tutti possiamo governare media potenti con i quali parlare di noi, ma non tutti siamo comunicatori. Per esserlo bisogna dimenticare se stessi e trovare un messaggio chiaro per chi ci ascolta, stare a delle regole. È questo l’esercizio che la creatività deve fare, è questa la via per il pensiero laterale di oggi. Esprimere se stessi non vale.

[Pubblicato sul volume Lazio Creativo 2018]

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