Comunicare non è un trend

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Comincio una breve serie di puntate sulla parola “comunicazione”. A tal proposito vorrei assumere come strumento quello che Johnny Hart nel ’72 fece con B.C. o Il Mago di Wiz – nelle celebri “strisce” – con puntate di situazioni imprevedibili. Ecco la prima puntata della nostra serie “Comunicazione”.

Dunque, il trend è definito come un andamento complessivo di un fenomeno, che si verifica in un arco di tempo definito o, comunque, definibile a posteriori. Dunque. per dirla breve, è qualcosa che dura tecnicamente poco.

È trend un andamento di mercato (un andamento, appunto); è trend un capo fashion, magari per stagione; è trend un approccio alla cucina; sono o diventano trend dei luoghi di vacanza, e così via. Per non parlare poi di abitudini o di stili di vita. Oggi addirittura diventa trend “sostenere la sostenibilità”. Eppure di trend ce ne sono altri, più incisivi e anche più pericolosi. E sì, un trend diventa pericoloso.
Perché?
È semplice: un trend  diventa pericoloso perché rende disponibili delle parole, dei concetti, dei temi che sono in realtà sconosciuti da chi li assume (un trend in questi casi diventa una “droga strategica”). Ora questo va dimostrato, altrimenti è privo di fondamento.
Qualcuno dice che gli esempi servono agli stupidi (quelli di Cipolla per capirsi), ma a volte  gli esempi aiutano davvero. O conducono l’interlocutore ad arrivare ai significati paralleli in maniera graduale, o, invece, sono tecnicamente devastanti perché uccidono il percorso naturale di un discorso e del linguaggio che viene creato ad-hoc: fanno arrivare subito al dunque. Ecco, questi ultimi sono i migliori esempi!
Cominciamo con un esempio dunque. La parola “design” è sulla bocca di tutti, significando con “tutti” il concetto di “chiunque”. Chiunque usa la parola design, chiunque parla di design, chiunque fa il design. Risultato? Nessuno sa cosa sia il design se non qualcosa che “è di design”. Questo vale a dire che la parola design per chi non è preparato vuol dire tutto e nulla. Qualsiasi cosa è di design, tutto fa design, ma nessuno sa cosa c’è dietro quella parola. Anzi, sì, qualcuno lo sa e lo dichiara pure: design è il disegno di qualcosa. Ecco fatto l’omicidio di ogni significato vero.
E se la parola diventasse “comunicazione”? Qualcuno ha già capito.

Io faccio la comunicazione, io mi occupo di comunicazione, io lavoro nella comunicazione, io sono un comunicatore. Avrete già sentito queste frasi, sono così diffuse che le usa chiunque.

Cosa è dunque la comunicazione.
La comunicazione è uno strumento che – a seconda di chi la dispone – fa capire persone con persone, persone con aziende, aziende con aziende e aziende con persone. La comunicazione è un linguaggio che permette di far capire realtà che in contemporanea lo usano. Un francese e un siberiano non si capiscono a meno che non parlino con-tem-po-ra-nea-mente il francese o il siberiano. Ecco, la comunicazione è un linguaggio che diventa efficace solo se è nelle corde di chi lo parla e di chi lo ascolta. Agli stati sublimi, la comunicazione diventa addirittura l’interprete cui si chiede supporto per far capire qualcosa a qualcuno che non conosce un linguaggio specifico. La pubblicità qui la dice lunga.
Dunque definiamo un teorema fondamentale. La comunicazione NON è arte. L’arte è lo strumento che lascia che ognuno elabori l’effetto che riceve, la comunicazione è uno strumento che fa in modo che  tutto il target che riceve un messaggio, lo elabori ricevendo lo STESSO effetto. “Bianco che più bianco non si può” è un claim che non lascia spazio a interpretazioni mentre la Gioconda di Leonardo per qualcuno sorride, per altri è triste, per altri ancora è sensuale… Ma poco importa, per tutti è un’emozione. Nella comunicazione, quella dedicata al mercato, non c’è spazio per le interpretazioni: ci vuole chiarezza inconfutabile.

Eppure in troppi usano parlare di comunicazione. Risultato? La comunicazione è qualcosa che fa trend, una parola che molti ritengono d’effetto. “Meglio vestirmi di comunicazione e passare per uno aggiornato”, in molti pensano. Ora, se qualcuno conosce la differenza tra una scienza e una scienza esatta, mi aiuterà a definire la comunicazione come una scienza affatto esatta, addirittura neanche accademica. Ma da qui a  farla diventare un concetto ad uso di chiunque, credo ne passi.
La comunicazione ha le sue regole, quelle consolidate e quelle che man mano si generano nel corso della sua applicazione, del resto è ciò che succede secondo la naturale evoluzione di ogni linguaggio.

Però “comunicazione” oggi fa tendenza. Sembra come se questa parola sia diventata la chiave per aprire il successo di tante professioni, come se aggiungere questa parola alla propria professione rappresenti un restyling di successo. In realtà il vero significato non è molto lontano. La comunicazione, oggi più che mai, si rivela come la possibilità di fare il successo di molte aree di mercato, e questo solo se la si applica in maniera creativa, strategica e secondo mosse ben coordinate.

Essere un esperto di comunicazione non vuol dire essere bravi in una delle discipline che la compongono, ma conoscere perfettamente le dinamiche che legano queste discipline e l’obiettivo che raggiungono su un certo target. Confondere questo con un trend ha generato una nutrita schiera di strani personaggi che dicono di occuparsi di comunicazione senza conoscere neanche il vero significato di questa parola. È il caso, insomma, di ammettere che di comunicazione si può parlare, ma sarebbe anche il caso di farlo fare a chi sa di cosa parla e soprattutto, lasciarla “fare” a chi “la sa fare”. Comunicare non è trendy, ma un’esigenza che deve essere curata da mani esperte, un’operazione chirurgica a cui troppe volte viene preferito un “tanto per fare” e sentirsi a posto per poter dire “comunico”. Chi comunica però deve essere maturo, avere qualcosa da dire davvero.

Lo diciamo sempre, un’azienda che non comunica non c’è, ma sempre più spesso viene da ammettere, fatti alla mano…. meglio il silenzio.

Pubblicato su Fanpage d’autore 16/4/2012

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